Ha fatto discutere in questi ultimi giorni la notizia della donna italiana di 50 anni che potrà accedere all’impianto degli embrioni crioconservati 19 anni fa. Il tribunale civile di Bologna ha infatti accettato il ricorso presentato dalla donna di poter accedere al quel patrimonio genetico conservato nel 1996, quando ancora il marito era in vita.

La vicenda pone due questioni: una di carattere etico e l’altra di carattere tecnico.

Partiamo dalla seconda. Dal punto di vista tecnico la procedura di impianto è fattibile e potrebbe anche dare esiti positivi, ovvero dare origine ad una gravidanza vista l’età della donna (31 anni) al momento del prelievo degli ovociti e della fecondazione.

La crioconservazione, anche per un periodo lungo come 19 anni, non influisce sulla qualità del materiale biologico. Non dovrebbero esserci problemi alla sopravvivenza dell’embrione allo scongelamento se il processo di crioconservazione è stato fatto in modo corretto.

Non sono stati registrati nemmeno patologie o malformazioni particolari nei bambini nati da embrioni scongelati. I problemi si pongono sotto il profilo etico. Quando si affronta il tema della procreazione assistita crediamo che non si debba mai condannare un desiderio, ma ci si debba comunque porre nell’ottica di non guardare esclusivamente al desiderio della donna. Guardiamo anche al nascituro e al tipo di futuro che gli stiamo preparando.

Da ultimo, una precisazione: sotto il profilo normativo, in Svizzera questo fatto non sarebbe potuto avvenire perché la legge prevede che al nascituro debba essere garantita la figura del padre. È una visione che si basa sul concetto di famiglia tradizionale che, visti i tempi, dovrebbe essere rivista.

Ecco il nostro intervento per l’agenzia AGI: http://www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/embrioni_congelati_esperto_tecnicamente_fattibile_ma_controverso-201502101842-eco-rt10223

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