La gioia di una nascita non ha tempo, ma il tempo condiziona fortemente la possibilità di avere un figlio. Quando si parla di infertilità femminile è importante conoscerla, curarla e proteggerla fin da giovani. «La conoscenza è il primo passo: sapere che la propria capacità riproduttiva non sarà eterna – anche se lo si può pensare quando si ha 20 anni – è una presa di coscienza per il proprio futuro», afferma Michael Jemec, specialista in Medicina della riproduzione e direttore medico del centro per la fertilità ProCrea di Lugano. «La cura è altrettanto fondamentale: visite periodiche di controllo e stili di vita corretti sono alla base di una buona salute riproduttiva. Non certo ultima, la protezione. Perché la fertilità in una donna deve essere protetta. Protetta dal tempo, dall’età e da uno scorrere inesorabile degli anni che la possono compromettere, compromettendo così anche i sogni di diventare madre».

Se il tema della prevenzione è abbastanza diffuso, anche tra le giovanissime, quando si parla di proteggere la fertilità, spesso la domanda cade nel vuoto. Eppure, come ricorda Jemec, «sono sempre più le donne che  “scoprono” di avere dei problemi di infertilità quando ormai la loro capacità riproduttiva è stata ridotta dal tempo». A vent’anni è facile pensare che “tanto a me non potrà accadere”, ma anche “sono in perfetta salute e non ho alcun problema di fertilità” e rimandare l’ipotesi di un figlio a “quando sarò a posto, con il compagno giusto”. «È come mettere la polvere sotto al tappeto, pensando di aver pulito la casa. Perché, evitando di affrontare la questione, non la si risolve», aggiunge.

Ma guardando al futuro, anche la salute riproduttiva deve essere messa in conto. Non solamente  affetti, istruzione, lavoro, posizione sociale, ma anche l’ipotesi di avere un figlio. «Il social egg freezing, ovvero la crioconservazione degli ovociti per motivi sociali, non può essere considerato come una moda, quanto un gesto di protezione nei confronti della propria fertilità», sottolinea Jemec.  «È importante pensarci quando ancora la propria capacità fertile è elevata, perché se gli impegni quotidiani ci portano a non considerare la possibilità di diventare madre, la fertilità in una donna ha il tempo contato: la riserva di ovociti dopo i 35 anni inizia ad esaurirsi; a 40 le probabilità di avere una gravidanza sono molto basse».

Il problema deve essere affrontato in anticipo. «Preferibilmente entro i 30 anni, di certo non dopo i 35», prosegue. «Gli ovociti cui affidiamo la futura gravidanza devono essere i migliori in termini di qualità. Quindi, prelevati quando la capacità fertile in una donna è ancora elevata».

Il social egg freezing è una tecnica nata per preservare la fertilità nelle donne sottoposte a cure oncologiche: data l’estrema invasività di una chemioterapia, questa era ed è l’unica strada possibile per non dover rinunciare alla maternità. «Nonostante i progressi medici abbiamo migliorato questo approccio, l’unico fattore sul quale la scienza non può nulla è l’orologio biologico di una donna. Proteggere la fertilità significa necessariamente prendere gli ovociti e conservarli per il futuro».

Tecnicamente, il processo di crioconservazione degli ovociti prevede, in seguito ad una mirata stimolazione ormonale, il prelievo degli ovociti da conservare. Il congelamento avviene attraverso il procedimento di vitrificazione che permette elevati tassi di sopravvivenza degli ovuli (oltre il 95%). Conservati in azoto liquido, restano a disposizione in attesa di essere utilizzati attraverso una fecondazione medicalmente assistita. I tassi di successo, ovvero di raggiungimento di una gravidanza superano il 70% e comunque sono inversamente proporzionali all’età della donna al momento del prelievo.

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